il giudice di pace Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta in data 18 settembre 2003 al n. 175/0/03 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2003 e vertente tra Negri Luca, nato ad Ostiglia (MN) l'8 gennaio 1984 e residente in Castelnovo Bariano (RE) via Argine Po n. 126, in proprio opponente. Prefetto pro-tempore di Rovigo, domiciliato per la carica presso U.T.G. Prefettura di Rovigo opposto; Premette in fatto che in data 29 luglio 2003, alle ore 15,53 l'App. Fantauzzi Marco ed il Cre Coppola Francesco, in servizio presso la Stazione CC di Occhiobello, accertavano ed immediatamente contestavano con verbale serie 2002 n. 0581409, in localita' Occhiobello (Ro) via Malcantone, che il sig. Negri Luca, alla guida della autovettura Fiat Bravo targata AL 524 RE, ed identificato a mezzo pat. categ. A-B n. Ro 505855 rilasciata il 21 dicembre 2002 dalla M.C.T.C. di Rovigo, aveva violato la norma del Codice della Strada di cui all'art. 172 comma 1 e 8 perche' il «conducente del veicolo sopra indicato, non faceva uso delle cinture di sicurezza. Lo stesso viene portato a conoscenza che il presente verbale decurtera' della propria patente di guida 10 punti, in quanto ha conseguito la patente da meno di 5 anni». Il sig. Negri Luca non risulta aver ritenuto di contestare immediatamente la violazione, essendo per altro espressamente specificato «Nulla» nello spazio riservato alle dichiarazioni del trasgressore. Si precisa, infine, che tra le modalita' di estinzione della violazione viene indicata - nel modello prestampato in uso - la facolta' di adire «entro 60 gg. della constatazione ... al giudice di Pace di Ficarolo». In data 18 settembre 2003 il sig. Negri Luca, con rituale deposito in cancelleria, proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento n. 0581409 elevato in data 29 luglio 2003 dalla Stazione Carabinieri del Comune di Occhiobello (Ro) premettendo che «tale verbale richiede il pagamento della somma di euro 68,25 per sanzione pecuniaria; ... omissis ... comporta la decurtazione di n. 10 punti della patente di guida .... omissis ... la suddetta sanzione accessoria appare ingiusta e gravatoria nella ragione della ricorrente ...», e sostenendo che dalla novellata disciplina del Codice stradale «si desume che il raddoppio dei punti per i neopatentati si applica solo per le patenti rilasciate dopo il 1° ottobre 2003. ll neopatentato, ai fini del raddoppio del punteggio e della decurtazione, diventa solo chi ha la patente da meno di tre anni». Il ricorrente precisa altresi' che «ha conseguito la patente in data 20 aprile 2002 (quindi prima del 1° ottobre 2003)» e «previo versamento di deposito cauzionale di una somma pari alla meta' del massimo della sanzione edittale prevista per la violazione» conclude per l'accoglimento della richiesta di «sospensione dell'esecuzione» con «fissazione dell'udienza di comparizione delle parti» nonche' della «emanazione del decreto» di annullamento del verbale n. 0581409 del 29 luglio 2003 elevato dalla Stazione dei Carabinieri del comune di Occhiobello in quanto illegittimo» oltre alla compensazione delle spese di lite «nel caso in ricorso non possa essere accettato». La parte ricorrente non produce alcuna documentazione probatoria dell'asserito conseguimento della patente di guida in data 20 aprile 2002; ma offre, per altro, in comunicazione fotocopia della propria patente di guida dalla quale si evince il rilascio in data 21 dicembre 2002 (circostanza, per altro, gia' acclarata nel verbale di contestazione contro cui si ricorre). Inoltre il ricorrente provvede al contestuale deposito giudiziario presso la cancelleria di questo ufficio del libretto n. 015345 rilasciato dall'ufficio postale di Ficarolo (RO) in data 18 settembre 2003 quale «cauzione art. 204-bis legge, 214/2003 verbale n. 581409 Carabinieri di Occhiobbelbo 29 luglio 2003» per l'importo di euro 136,50 (centotrentasei/50). Si osserva in diritto che per il caso di specie la sanzione da comminare al trasgressore e prevista dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 recante modifiche ed interazioni al. codice della strada (G.U. n. 149, del 30 giugno 2003) che all'art. 3 «modifiche alle norme di comportamento» testualmente recita al comma 12. «all'articolo 172 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 8 le parole: «alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 33,60 a euro 137,55» sono sostituite dalle seguenti: «alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 68,25 a euro 275,10». Tale previsione sanzionatoria e' stata successivamente confermata nella legge di conversione; talche' il testo coordinato del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 con la legge di conversione 1° agosto 2003, n. 214, recante: «modifiche ed integrazioni al codice della strada» (suppl ord n. 133/1 alla G.U. 12 agosto 2003 n. 186) nelle note al predetto art. 3 «modifiche alle norme di comportamento» testualmente recita «il testo vigente dell'art. 172, commi 8 e 9, del decreto legislative n. 285 del 1992, come modificato dalla legge qui pubblicata e' il seguente: «8. chiunque non fa uso delle cinture di sicurezza o dei sistemi di ritenuta previsti e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 68,25 a euro 275,10. Omissis ... Sempre in via preliminare vale evidenziare che citato il d.l. n. 151/2003, all'art. 7 Disposizioni finali e transitonie, altresi', recitava «... omissis ... comma 10. La tabella allegata al decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, recante i punteggi previsti dall'articolo 126-bis del decreto legislative 20 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, e' sostituita della tabella allegata al presente decreto. ... omissis ... Allegato Tabella dei Punteggi previsti all'art. 126-bis ... omissis ... Norma violata art. 172 comma 8 punti 5 ... omissis ... Per le violazioni commesse entro i primi cinque anni dal rilascio della patente di guida, i punti riportati nella presente tabella, per ogni singola violazione, sono raddoppiati». La legge di conversione, ha pero' introdotto - per quanto d'interesse nel caso che ci occupa - una significativa e sostanziale modifica alla decorrenza della previsione sanzionatoria a carico dei c.d. «neopatentati», come esplicitato in calce alla gia' richiamata «tabella-punti». Infatti, come si legge a pag. 24 della G.U. suppl. 133/L recante il testo della legge 1° agosto 2003, n. 214, ed ancora nel Testo coordinato del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 con la legge di conversione 1° agosto 2003, n. 214, recante: «Modifiche ed integrazioni al codice della strada» (pure in suppl. ord. n. 133/L alla G.U. 12 agosto 2003 n. 186) nelle note al predetto Allegato «Tabella del punteggi previsti all'articolo 126-bis... omissis ... Norma violata art. 172 commi 8 e 9 punti 5 ... omissis ... Per le patenti rilasciate successivamente al 1° ottobre 2003 a soggetti che non siano gia' titolari di altra patente di categoria B o superiore, i punti riportati nella presente tabella, per ogni singola violazione, sono raddoppiati qualora le violazioni siano commesse entro i primi tre anni dal rilascio». Alla predetta Tabella - unico riferimento al raddoppio delle detrazioni di punteggio per i neopatentati - fa espresso rimando l'art. 126-bis (Patente a punti) del decreto legislativo 285/1992 «- 1. All'atto del rilascio della patente viene attribuito un punteggio di venti punti. Tale punteggio, annotato nell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida di cui agli articoli 225 e 226, subisce decurtazioni, nella misura indicata nella tabella allegata, a seguito della comunicazione all'anagrafe di cui sopra della violazione di una delle norme per le quali e' prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ovvero di una tra le norme di comportamento di cui al titolo V, indicate nella tabella medesima. L'indicazione del punteggio relativo ad ogni violazione deve risultare dal verbale di contestazione. ... omissis ... Risolve ulteriormente in senso chiarificatore la circolare n. 300/A/l/44248/109/16/l del 12 agosto 2003 Disposizioni per l'applicazione della disciplina della patente a punti con la quale il Ministero dell'Interno, dipartimento della pubblica sicurezza al punto «2. Violazioni che determinano la decurtazione del unteggio» chiarisce ... omissis ... 2.3. Raddoppio per neopatentati. La violazione comporta la decurtazione di punteggio in misura doppia rispetto a quella prevista nella tabella allegata all'art. 126-bis c.d.s. quando e' commessa da neopatentati, cioe' se e' commessa entro i primi 3 anni dal rilascio della patente. Questa disposizione, tuttavia, riguarda solo le patenti di guida rilasciate dopo il 1° ottobre 2003 ed a condizione che il titolare non sia gia' in possesso di patente di categoria B o superiore prima di tale data ... omissis». La disposizione volta a decurtare il punteggio in misura doppia per i neopatentati non potrebbe, pertanto, ragionevolmente che entrare in vigore - a seguito delle intervenute modifiche in sede di conversione del d.l. 151/2003 - solo dal prossimo 1° ottobre ed esclusivamente per le patenti rilasciate dopo tale data, e per di piu' a carico di chi non era gia' in possesso di patente di guida di altra categoria. Vale altresi' ricordare che a seguito delle modificazioni ed integrazioni apportate in sede di conversione del d.l. 151/2003 dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, recante: «Modifiche ed integrazioni al codici della strada» (suppl. ord n. 133/L alla Gazzetta Ufficiale 12 agosto 2003 n. 186) con «l'art. 4. Modifiche alle norme inerenti gli illeciti amministrativi e relative sanzioni comma 1-septies. Dopo l'articolo 204 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, e' inserito il seguente: «Art. 204-bis (Ricorso al giudice di pace). - 1. Alternativamente alla proposizione del ricorso di cui all'articolo 203, il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell'articolo 196, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui e' consentito, possono proporre ricorso al giudice di pace competente per il territorio del luogo in cui e' stata commessa la violazione, nel termine di sessanta giorni dalla data di contestazione o di notificazione. 2. .... omissis. 3. - All'atto del deposito del ricorso, il ricorrente deve versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Detta somma, in caso di accoglimento del ricorso, e' restituita al ricorrente. 4. Il ricorso e', del pari, inammissibile qualora sia stato previamente presentato il ricorso di cui all'articolo 203.» La previsione letterale ex comma 3 del neo-introdotto art. 204-bis d.lgs. n. 285/1992, parrebbe, pero', in evidente contrasto con il vigente art. 4 del r.d.l. 10 marzo 1910 n. 149 «... i cancellieri non possono ricevere dalle parti o dai loro procuratori alcuna somma in denaro per qualsiasi titolo. Contravvenendo a questa disposizione, sono assoggettati alle pene disciplinari stabilite dalla legge sull'ordinamento giudiziario». Sul punto e' intervenuto il Ministero della giustizia dipartimento per gli affari di giustizia, direzione generale della giustizia civile, con circolare n. 53 del 13 agosto 2003 puntualizzando che «poiche', ai sensi dell'art. 4 del r.d. 10 marzo 1910 n. 149, tutt'ora in vigore, le cancellerie non possono in alcun modo ricevere versamenti in denaro, e' evidente che la formulazione letterale del testo («deve versare presso la cancelleria ..., una somma ...») deve necessariamente essere interpretata alla luce della vigente normativa, individuando modalita' alternative di versamento presso altri organismi abilitati a ricevere e gestire il deposito. Considerate anche le diverse fasi conseguenti al versamento della cauzione, previste dalla nuova formulazione dell'articolo, questa Direzione Generale ritiene che lo strumento piu' idoneo per la gestione dell'importo versato, sia il libretto di deposito giudiziario aperto presso l'Ente Poste. Tale strumento, infatti, oltre ad assicurare all'utenza uniformita' da parte degli uffici, presenti sul territorio, ha il pregio della gratuita', senza penalizzare il ricorrente relativamente agli interessi, in quanto anche quello postale e' ormai deposito fruttifero. Tale strumento e' peraltro individuato anche dall'art. 2 del citato r.d. 149/1910, («tutti i depositi in denaro che, secondo le disposizioni vigenti in materia civile e penale possono farsi presso le cancellerie giudiziarie, compresi quelli per cauzione e per spese giudiziarie, debbono essere eseguiti direttamente dalle parti o dai loro procuratori nell'ufficio postale incaricato»)». Tutto cio' premesso, esaminati gli atti, questo giudice preliminarmente rileva come il predetto ricorso in opposizione a sanzione amministrativa sia stato depositato in cancelleria in data 18 settembre 2003 con il contestuale deposito giudiziario della somma di euro 135,50 ed a cio', all'esito della preliminare valutazione a lui demandata, osserva come il ricorso venga proposto, con il deposito giudiziario la somma, appunto, di euro 135,50 che corrisponde al doppio del minimo della sanzione edittale prevista ed indicata nel verbale quale somma ridotta a fini estintivi (euro 68,25), ma non e' pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Infatti il deposito giudiziale cui avrebbe dovuto provvedere il ricorrente avrebbe dovuto essere piu' esattamente di euro 137,55, cioe' la meta' di euro 275,10. Il ricorrente non ha, pertanto, adempiuto all'obbligo, previsto all'art. 204-bis del novellato d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, a pena di inammissibilita' del ricorso, del versamento presso la cancelleria del giudice di pace, di una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Questo giudice ritiene, pero' che l'art. 204-bis del decreto legislalvo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 maggio 2003 n. 151 non sia conforme a Costituzione e, pertanto, in via incidentale, rileva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale, come segue: Sulla rilevanza della questione. Nel caso di specie il collegamento giuridico, e non gia' di mero fatto, tra la res giudicanda e la norma di legge ritenuta, in contrasto con il dettato costituzionale, e' ictu oculi e fondamentale ai fini processuali; atteso il rapporto di strumentalita' necessaria fra la risoluzione della questione e la decisione del giudizio principale. Infatti, ove si ritenesse l'art. 204-bis del decreto legisltivo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151 conforme a Costituzione, il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile de plano senza previa fissazione dell'udienza di discussione e la convocazione delle parti, ma solo con la semplice comunicazione alle stesse della decisione. Al contrario, ove si ritenesse il predetto disposto in contrasto con la Costituzione la suddetta opposizione potra' essere esaminata nel merito. Per altro e' sottratto al Giudicante ogni e qualsiasi potere di disporre il versamento, o l'integrazione (che nel caso di specie sarebbe di un euro e cinque centesimi !) della «cauzione» ex comma 3 art. 204-bis 285/1992, dovendogli, invece, definire il ricorso con declaratoria di non ammissibilita' gia' all'atto della valutazione preliminare a lui demandata, senza dare pertanto luogo ad alcun ulteriore adempimento processuale Sulla manifesta infondatezza. Violazione degli artt. 2 e 3 cost. La norma in questione, disponendo il versamento di una somma pari alla meta' del massimo edittale della disposizione di legge che si ritiene violata, somma che, risulta essere addirittura pari al doppio di quella che consentirebbe di definire la pendenza mediante il pagamento in misura ridotta, discrimina evidentemente i cittadini, consentendo solo a quelli abbienti di ricorrere alla giurisdizione civile, ed impedendolo, di fatto, a quelli che abbienti non sono. Si consideri, difatti, che il cosiddetto deposito cauzionale in questione puo' arrivare a toccare somme ingenti. Basti, a mero titolo di esempio, notare che il ricorso avverso la constatazione della violazione all'art. 179 comma 2-bis, c.d.s. ultimo periodo, comporterebbe la «cauzione» di euro 3.200, pari alla meta' del massimo edittale di euro 6.400. Somma, anche in questo caso, addirittura ipoteticamente sovrabbondante rispetto alla sanzione che dovrebbe essere determinata dal libero convincimento del giudice, ove si consideri, ulteriormente, che ex comma «5. In caso di rigetto del ricorso, il giudice di pace, nella determinazione dell'importo della sanzione, assegna, con sentenza immediatamente eseguibile, all'amministrazione cui appartiene l'organo accertatore, la somma determinata, autorizzandone il prelievo dalla cauzione prestata dal ricorrente in caso di sua capienza; ... omissis ... La eventuale somma residua e' restituita al ricorrente.» Appare da cio' tautologico che ritenere l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151 conforme al dettato costituzionale costringerebbe ad affermare che la diversa posizione che il legislatore ha riservato a cittadino e pubblica amministrazione, oltre che a cittadino abbiente e cittadino non abbiente, non violi alcun precetto costituzionale. Del tutto evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto che questo giudice ritiene incostituzionale si presti a tale censura in quanto l'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che compito della Repubblica e' rimuovere, non gia' creare, ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana. Peraltro, il disposto della cui costituzionalita' si dubita lede altresi' l'art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo. Violazione dell'art. 24 Cost. La norma in questione, nell'imporre al cittadino che voglia ricorrere in sede giurisdizionale nei confronti di un verbale di contravvenzione al novellato Codice della Strada una cauzione, e' in palese contrasto, a parere di questo giudice, con l'art. 24 della Costituzione. Difatti, l'art. 24, assicura ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi dinnanzi ad ogni giurisdizione, mentre l'art. 204-bis del nuovo c.d.s. va in direzione del tutto opposta. Si consideri, altresi', il fatto che prima della «riforma» di cui si discute il ricorso al giudice di Pace era del tutto gratuito in siffatta materia, ed il cittadino era ammesso a stare in giudizio da solo, non essendo obbligatoria la difesa tecnica. Non vi e' dubbio che, a seguito dell'imposizione della cauzione che, a ben vedere altro non e' che una vera e propria nuova tassa sui ricorsi giurisdizionali, il sistema e' totalmente cambiato, ponendosi in netto contrasto con il dettato costituzionale. Ne' vale l'obiezione che il ricorso al Prefetto continua ad essere gratuito, in quanto si tratta del ricorso gerarchico, e non di tutela giurisdizionale. Peraltro, si e' venuta a creare la paradossale situazione per cui l'eventuale opposizione dinnanzi alla giurisdizione ordinaria avverso l'ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto a seguito del mancato pagamento della sanzione successiva a1 rigetto del ricorso, non sarebbe soggetta ad alcuna cauzione! Questo giudicante non puo', altresi', non rammentare in primo luogo a se stesso che la Corte costituzionale si e' gia' pronunciata, sia pure in materia di cautio pro expensis con sentenza n. 67 decisa in data 23 novembre 1960 e depositata il 29 novembre 1960, ad esito di pubblica udienza, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 98 c.p.c., con i parametri costituzionali ex artt. 3 e 24, poiche' «dalla combinazione fra le norme contenute negli artt. 3 e 24 della Costituzione, si deduce che il principio, secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato del procedimento,. deve provare applicazione per tutti, indipendentemente da ogni differenza di condizioni personali e sociali. Con tale principio contrasta l'art. 98 Cod. proc. civ., in quanto, prevedendo la inposizione della cauzione a carico di chi non e' ammesso al gratuito patrocinio e nell'ipotesi che l'eventuale condanna alle spese possa restare ineseguita, ricollega l'applicazione dell'istituto alle condizioni economiche dell'attore». E' chiaro come il principio secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi deve trovare attuazione uguale per tutti indipendentemente da ogni differenza di condizioni personali e sociali. Ed e' pacifico che l'art. 204-bis ricollega l'istituto alle condizioni economiche dell'attore, e quindi proprio a quelle condizioni soggettive e personali o sociali che l'art. 3 impone di considerare non nfluenti ai fini della, tutela della eguaglianza giuridica. Cio' anche tenuto conto delle gravi conseguenze (legate all'inibizione dell'azione in caso di mancato versamento della cauzione) rispetto all'esercizio dei diritti che l'art. 24 proclama inviolabili, nonche' del fatto che la disparita' di trattamento fondata sulle condizioni economiche non e' necessariamente eliminata dall'esclusione dell'applicazione dell'istituto nell'ipotesi in cui l'attore sia al beneficio dell'assistenza giudiziaria, tal beneficio essendo subordinato alla dimostrazione dello stato di poverta'. Ma non si possono neppure ignorare le garanzie di cui agli art. 5 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo adottata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, ed entrata in vigore per l'Italia il 26 ottobre 1955. Laddove l'art. 6 par. 1 garantisce ad ogni persona un' equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge, al fine della determinazione dei suoi diritti e doveri di carattere civile; e' quello che viene solitamente chiamato il diritto ad un equo processo. Elemento essenziale di tale garanzia e' il diritto di adire i tribunali. Certo, tale diritto puo' essere, oggetto di una regolamentazione, purche' questa abbia per scopo la buona amministrazione della giustizia; l'accesso ai tribunali deve pero' essere effettivo, e non reso illusorio da ostacoli di fatto o di diritto. Cio' significa che, in determinati casi, il costo levato di una procedura, sia per spese giudiziali che per l'obbligo di prestare cauzione processuale, puo' costituire, per delle persone non abbienti, un ostacolo che rende concretamente illusorio il diritto di adire i tribunali. Ritenuto pero' che gli organi di Strasburgo, per valutare se vi sia stata violazione dell'art. 6 par. 1 della Convenzione di Roma, esaminano la procedura nel suo insieme, tale ostacolo costituisce violazione solo se non eliminato, ad esempio, dall'istituto della assistenza giudiziaria. Anche dal punto di vista della Convenzione quindi, detrminante e' il coordinamento degli istituti della cauzione processuale e dell'assistenza giudiziaria. La cauzione processuale imposta ad un insolvente, e quindi ad un persona che per definizione dispone di mezzi limitati, puo' costituire violazione dell'art. 6 par. 1 della Carta di Roma, almeno nel caso in cui la procedura da questi promossa non sia temeraria. Cio' significa che, ove sia negata l'azione e assistenza giudiziaria alla parte tenuta a prestar cauzione per motivi diversi dalla mancanza di possibilita' di successo, la probabilita' di violare la garanzia di un equo processo e' estremamente elevata. Alla luce di queste considerazioni appare estremamente problematica l'impossibilita' per i non abbienti del diritto di adire i tribunali garantito dall'art. 6 della Carta Europea, e di conseguenza il definitivo ed oneroso ostacolo costituito dall'obbligo di prestare una cauzione processuale ove si trovino in stato d'insolvenza risulta, molto probabilmente, incompatibile con la garanzia di un equo processo. L'art. 14 della Carta di Roma pone il divieto della discriminazione nell'esercizio dei diritti garantiti dalla Convenzione. Tale norma non impone un trattamento assolutamente uguale per tutti, ma esige che, nell'esercizio dei diritti garantiti dalla Convenzione, due persone di situazione comparabile non siano oggetto di trattamento differente fondato su criteri non oggettivi e ragionevoli; una discriminazione e' quindi compatibile con l'art. 14 Convenzione solo se persegue uno scopo legittimo e non e' sproporzionata. Ed a titolo di esempio tale articolo cita, quale tipico criterio illegittimo a fondare una discriminazione ... la ricchezza!. Ma allora come non esser perplessi innanzi all'art 204-bis, d.lgs. n. 285/1992 che opera una discriminazione, nel porre una condizione al diritto di adire i tribunali, fondata de facto proprio sulla situazione economica dell'attore? Pare, infine, non esiziale rammentare anche che la Legge 18 ottobre 1977, n. 793 recante Abolizione del deposito per soccombenza nel processo civile ha abrogato gli artt. 354, 381 e 651, c.p.c. in limine con la pronuncia di incostituzionalita'. L'ssurdita' della norma dell'art. 204-bis d.lgs. n. 285/1992 e', per altro, ben evidente atteso che nessun procedimento giurisdizionale e' subordinato alla cautio iudicatum solvi. Talche' neppure nel contenzioso tributario, ove in caso del ricorso contro l'atto di accertamento, le imposte o le maggiori imposte, unitamente ai relativi interessi e alle sanzioni, sono - a cura dell'amministrazione finanziaria - iscritte a ruolo (c.d. «riscossione a titolo provvisorio»), e' richiesto alcun deposito al ricorrente a pena di inammissibilita'. Ne' questa rileva, o peggio e' rilevabile de plano (come nel caso che ci occupa), nel caso l'amministrazione finanziaria - accogliendo l'istanza del ricorrente - sospenda la predetta iscrizione a ruolo. Violazione dell'art. 41 Cost. Il primo comma del vigente art. 2 del regio decreto-legge 10 marzo 1910 n. 149 recita «Tutti i depositi di denaro, che secondo le disposizioni vigenti in materia civile e penale possono farsi presso le cancellerie giudiziarie, compresi quelli per cauzione e per spese giudiziarie, debbono essere eseguiti direttamente dalle parti o dai loro procuratori nell'ufficio postale incaricato del servizio dei depositi giudiziari.». A prescindere da considerazioni, sulle garanzie di libera concorrenza e mercato - che non interessano in questa sede, pur dovendosi osservare una evidente compressione per lo meno della liberta' del ricorrente di utilizzare un istituto bancario (addirittura quello di propria fiducia, che, parafrasando la circolare n. 53 del 13 agosto 2003 del Ministero della giustizia D.G. Giustizia Civile e' certo un «organismo abilitato a ricevere e gestire il deposito», al pari della S.p.a. Poste Italiane - non puo' non rilevarsi un palese contrasto innanzitutto con la liberta' di iniziativa economica, laddove viene disposto l'esclusivo utilizzo dell'Ente Poste, attesa la privatizzazione del servizio postale con la trasformazione dal 28 febbraio 1998 dell'Ente pubblico economico Poste - come precedentemente configurato, e come erroneamente denominato nella predetta circ. 53/03 del Ministero della giustizia - in «azienda Poste Italiane» S.p.a., come dalla stessa pubblicizzato, con una mission di natura decisamente privatistica. Da cio' la evidente incostituzionalita' del combinato disposto di cui agli artt. 2 e 4 del R.D.L. 149/1910, e 204-bis del d.lgs. 285/1992. Violazione dell'art. 113 Cost. Per quanto ut supra, l'imposizione della piu' volte richiamata cauzione di cui all'art. 204-bis c.d.s. citato, costituisce ostacolo ovvero limitazione, almeno nei confronti dei cittadini meno abbienti, della tutela giurisdizionale. E cio' e' in aperto e palese contrasto con il secondo comma dell'art. 113 della Carta costituzionale. Si ritiene, quindi, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale e la rilevanza nel procedimento che non puo' essere deciso indipendentemente dalla risoluzione della predetta questione, per la quale appare necessario adire il giudice delle leggi.